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Trombosi Circolazione sanguigna

Profilassi della malattia tromboembolica

Profilassi  della malattia tromboembolica

La trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare costituiscono i quadri clinici della malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo venoso (TEV), una delle malattie cardiovascolare più frequenti, dopo cardiopatia ischemica e ictus e una delle temute


La trombosi venosa profonda, ossia la formazione di un agglomerato di coagulo e piastrine (trombo)  all’interno di un vaso sanguigno, può presentarsi in qualsiasi parte del sistema venoso: sebbene la maggiore parte degli eventi clinicamente importanti interessi le gambe, può verificarsi anche in una vena del braccio e in altre sedi del corpo. La trombosi venosa può determinare sintomi come dolore e gonfiore, ma anche decorrere per lo più in forma asintomatica. I trombi che si formano nelle gambe possono, nei casi più gravi, migrare raggiungendo l’arteria polmonare ed essere quindi causa di embolia polmonare, forma grave potenzialmente fatale, che induce sintomi come respiro affannoso e dolore al torace.

Per ridurre al minimo l’eventualità di sviluppare la malattia tromboembolica, in tutti i casi in cui si corra il rischio di svilupparla ( come nelle immobilizzazioni prolungate e negli interventi ortopedici) viene intrapresa la profilassi antitrombotica, ossia l’insieme di strategie farmacologiche e fisiche per evitare la formazione del trombo. 

L’obiettivo principale della profilassi antitrombotica è quello di migliorare il ritorno venoso del sangue dalla periferia al cuore: per ottenere questo risultato è importante che l’insieme delle misure preventive sia calibrato in base al tipo di paziente. L’approccio migliore per la profilassi antitrombotica e quindi per la gestione del soggetto a rischio di sviluppare trombosi venosa profonda, è quello personalizzato in base al paziente, in base al suo rischio di sviluppare trombosi o emorragie associato alla sua patologia di base o alla procedura chirurgica a cui è sottoposto. Si devono inoltre tenere in considerazione i fattori di predisposizione e le malattie eventualmente presenti. 

In particolare uno degli aspetti più importanti nella prevenzione della malattia tromboembolica negli interventi ortopedici maggiori (come le artroprotesi) e minori è la corretta stratificazione del rischio del paziente in fase preoperatoria in relazione non solo alla tipologia di intervento al quale si deve sottoporre il paziente, ma anche alla presenza di specifici fattori di rischio individuali quali l’età avanzata, una pregressa trombosi, la familiarità per tromboembolismi, l’obesità e la presenza di una trombofilia ereditaria. La stratificazione del rischio permette di individuare i soggetti realmente a rischio e di adeguare le strategie di prevenzione. 

La chirurgia ortopedica maggiore è associata ad un rischio elevato di tromboembolismo, non solo per la tipologia degli interventi, che richiedono procedure chirurgiche particolari, di durata anche notevole, con sanguinamenti e uso del laccio emostatico, ma anche in quanto è una chirurgia rivolta a soggetti spesso anziani, affetti da molteplici patologie e che assumono molti farmaci.

Livelli di rischio di tromboembolismo

Come abbiamo visto, esistono diversi gradi di rischio che devono essere valutati attentamente per ciascun soggetto. I rischi di sviluppare trombosi venosa profonda preoccupano diversi reparti ospedalieri, in particolare i reparti di medicina interna, chirurgia generale, oncologia, chirurgia ortopedica e toracica. I soggetti ospedalizzati possono essere quindi classificati per grado di rischio di sviluppare malattia tromboembolica, anche se ciascuno mantiene caratteristiche proprie e richiede una profilassi ad hoc:

  • grado di rischio altissimo: pazienti destinati a chirurgia maggiore, maggiori di 40 anni , con storia di trombosi pregressa, trombofilia e tumori. Soggetti con traumi maggiori, chirurgia ortopedica protesica o fratture dell’anca.
  • grado di rischio alto: soggetti di età avanzata ( maggiori di 75 anni), con storia di pregressi trombi, sottoposti a chirurgia ortopedica o immobilizzati per lungo periodo; soggetti traumatizzati, oncologici, con ictus o paralisi, ricoveri in terapia intensiva.
  • grado di rischio moderato: soggetti dai 60 ai 75 anni, donne in gravidanza o che assumono estroprogestinici, soggetti che presentino familiarità per trombosi venosa profonda, soggetti fumatori, con obesità, presenza di insufficienza venosa, ecc
  • grado di rischio basso: soggetti tra i 40 e i 60 anni di età, soggetti con diabete, broncopneumopatia cronica o cirrosi, soggetti che viaggiano in aereo ( voli di più di 6 ore di durata).

Come incidenza, nei reparti ortopedici, possiamo indicare che i soggetti a rischio basso presentano rischio di trombosi venosa distale del 2-4%, percentuale che raggiunge il 10-20 % nei soggetti a rischio moderato fino al 20-40 % nel rischio alto e il 40-80 % nel rischio altissimo, dove il rischio di embolia polmonare sale fino al 5%.

Misure per la profilassi

In base al grado di rischio e secondo il parere del medico, la profilassi per la malattia tromboembolica si può avvalere di diverse misure:

  • Prevenzione dell’immobilità (mobilizzazione precoce e elevazione delle gambe)
  • Farmaci anticoagulanti come le eparine a basso peso molecolare, il fondapirinux, anticoagulanti orali diretti ecc;
  • Calze per la profilassi antitrombotica a compressione graduata che esercitano una compressione meccanica sulle vene, riducendone il diametro e permettendo al sangue di scorrere più rapidamente;
  • Sistema di fasciature compressive della gamba
  • Compressione meccanica intermittente: manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente i muscoli del polpaccio o della coscia. Questa procedura è di solito raccomandata dopo chirurgia in pazienti ad alto rischio di sanguinamento che non possono assumere anticoagulanti.

Le linee guida consigliano la mobilizzazione precoce e le calze elastiche per i pazienti a rischio tromboembolico basso, l’impiego di eparina a basso peso molecolare per i pazienti a rischio moderato, sempre un trattamento con eparina, ma a dosaggi più alti, per i pazienti a rischio alto ed infine la combinazione di profilassi con mezzi farmacologici e meccanici per i pazienti a rischio altissimo ( soggetti sottoposti a chirurgia maggiore, o soggetti con importanti traumi).

Inizio e durata della profilassi

Soprattutto in chirurgia, occorre prestare attenzione al caso specifico per l’inizio della terapia, tenendo in considerazione anche l’uso concomitante di farmaci antiaggreganti.

La profilassi può essere iniziata la sera prima dell’intervento, a meno che non sussistano rischi di emorragie in corso di interventi chirurgici maggiori, mentre potrà iniziare nelle ore successive all’intervento in caso di chirurgia minore.

La durata della terapia deve proseguire nelle settimane successive agli interventi, poiché permane il rischio di sviluppare ancora trombosi venosa profonda: si parla di 5 settimane negli interventi maggiori o fino alla ripresa della deambulazione; inoltre nel postoperatorio è importante mantenere una costante sorveglianza clinica poiché il rischio di tromboembolismo non viene completamente annullato dalla profilassi.


Le informazioni contenute in questo sito sono presentate a solo scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti riguardo qualsiasi indicazione riportata o eventuali dubbi.

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